Chico Forti, una vita esagerata…

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A cura di Chiod (testo scritto nel 2005 e già pubblicato su varie riviste, che mi sento di riproporre perché racconta esattamente Chico Forti, per come l’ho conosciuto io).
La prima volta che l’ho sentito nominare è stato su un articolo di Windsurf Italia (sarà stato il 1985).
Credo fosse un pezzo di Pietro Porcella, in cui si raccontava di questo Chico forti, il primo italiano ufficialmente iscritto alla World Cup. Non otteneva grandi risultati, ma era diventato molto popolare nell’ambiente per il carattere estroverso e la contagiosa simpatia. Si pagava le trasferte in quei luoghi mitici facendo il caddy a personaggi altrettanto mitici.   C’era anche una foto in cui un surfino (lui) affrontava un’onda che mi sembrava enorme.
Ho provato immediatamente una fitta di invidia ed una sorda antipatia per questo tipo che osava realizzare il sogno segreto di tutti gli sfigatissimi protosurfisti dell’epoca, ivi compreso il sottoscritto.
Successivamente, leggendo un’intervista con Robby Naish (all’epoca me le facevo per endovena) scopro che il Mito dei Miti riteneva questo Chico il personaggio più simpatico dell’intero circo. Caspiterina, penso, allora dev’essere vero!
Diversi anni dopo, mentre consegnavo i miei fumetti alla redazione di Windsurf Italia, me lo sono trovato davanti improvvisamente. Era seduto ad una scrivania con due telefoni in mano, parlava in inglese nella cornetta di destra e in olandese in quella di sinistra (o viceversa, non ricordo bene).
“Tu sei il famoso Chico Forti!” gli ho detto, approfittando di una pausa.
Da quel momento la mia vita ha avuto una svolta: Chico vi ha fatto irruzione con la sua simpatia, i suoi scherzi e i suoi progetti grandiosi. Nel mio microcosmo di surfista mai uscito dal circuito Colico-Torbole-PortoPollo (il triangolo dei milanesi), irrompeva questo personaggio da film che portava con sé il profumo della World Cup e di tutto il jet set surfistico (e non solo) mondiale. Un tipo veramente esagerato, ipercinetico, un entusiasta che aveva il dono di metterti subito di buon umore.
Dai racconti che faceva, la sua vita pareva un mix tra un film di 007 (versione Roger Moore) ed uno di Wyle Coyote.   Aveva girato tutto il mondo combinandone di ogni: sport e gare di tutti i tipi, con una vocazione per le attività da stunt man che gli sono fruttate in carriera quaranta (dico 40!) fratture.
Tra le sue performance di cui ho avuto prova documentale (foto o filmati), posso citare: sci nautico a piedi nudi, immersioni tra squali e delfini, pionieristiche discese di ghiacciai in snow board, free climbing, tuffi dalla coffa di un veliero (30 mt!), oltre al repertorio windsurfistico, in cui è stato un vero precursore e sperimentatore.
Infatti, oltre ad essere stato il primo italiano a partecipare alla World Cup, è anche stato il primo italiano (e tra i primi al mondo) ad eseguire un looping completo, ha progettato, realizzato e sperimentato nel 1984 sul Lago di Garda, in
collaborazione con l’hawaiiano Richard Whyte, la prima rampa per i salti in acqua piatta, prototipo di quelle attualmente usate nelle manifestazioni indoor.
Esiste anche una sua foto giovanile in cui prova un accrocchio per surfare con un compagno sulle spalle.
E se nei suoi racconti, alcuni episodi potevano sembrare francamente esagerati, non mi sono mai posto il problema: era comunque divertente starlo a sentire. Il mio studio di architetto-fumettaro era diventato la sua sede operativa.
Quando arrivava, chiedeva subito di fare una telefonata (i cellulari non c’erano ancora), e dopo cinque minuti entrambe le linee suonavano solo per lui. Il mio socio Paolo si incazzava come una biscia, e io cercavo di tenerlo buono dicendogli che un asso delle P.R. come Chico ci avrebbe sicuramente procurato un sacco di lavoro.
Ed in effetti, qualunque personaggio pubblico si citasse, pareva sempre che fosse suo grande amico. Se per esempio si parlava di Mike Bongiorno, Chico, con la massima naturalezza, ti diceva: “Lo conosco benissimo, due mesi fa ho vinto 80 milioni al suo quiz TeleMike…”
E cavolo… era vero!!! E poi concludeva: “Peccato che si è appena fatto fare la nuova villa al lago, altrimenti potevi progettargliela tu!” (della serie: “se me lo dicevi prima…”).
Per non parlare dei surfisti: quando andava in America mi lasciava come recapito il numero di casa di Robby Naish (numero che mi segnavo sull’agenda e che mostravo poi con nonscialàns agli amici per fare il figo).
Una volta gli stavo dicendo che per fare fumetti è necessario documentarsi e conoscere a fondo l’argomento di cui si parla; mi ha risposto che usava lo stesso metodo anche un suo amico scrittore, un sudafricano, un certo Wilbur Smith!
Ma le più grosse zampate che Chico ha dato nella mia vita sono state due…
La prima è la produzione del mio primo libro a fumetti “Ve lo do io il Windsurf!…” che Chico ha promosso, curando stampa e distribuzione. Lo ha fatto alla sua maniera: un po’ bene (la stampa) e un po’ male (la distribuzione). L’operazione si è conclusa in un bagno: né io né lui abbiamo mai visto una lira e credo che nella sua cantina ci siano ancora alcune migliaia di copie del libro in avanzato stato di decomposizione.
La seconda ha avuto un esito migliore: una sera, vincendo le mie resistenze, Chico mi ha trascinato di peso a giocare a squash. In palestra abbiamo casualmente incontrato un mio conoscente che con alcuni amici, stava andando a mangiare una pizza;  non avendo di meglio da fare, ci siamo aggregati.
E’ stata una seratamemorabile per molti aspetti: debitamente supportato da altri del gruppo, (che abbiamo poi scoperto essere noti DJ milanesi: Daniele Milani, Luca Dondoni, Gigio D’Ambrosio) Chico ha fatto un autentico show nel ristorante, coinvolgendo anche i camerieri e le altre tavolate. Io, nel frattempo, ho conosciuto Francesca, la migliore
giocatrice di squash della compagnia, che ho sposato due anni dopo e con la quale abbiamo fatto due bei bambini.   Scusate se è poco.
In quel periodo sono stato coinvolto nelle iniziative di Chico, realizzando decine di presentazioni per i progetti più disparati, trasmissioni televisive, organizzazione di eventi più o meno internazionali, disegno di capi di abbigliamento sportivo, ecc., senza peraltro ottenere risultati concreti.   Ad un certo punto, un po’ seccato per la sua invadenza e stanco dei continui progetti in cui mi coinvolgeva sbandierando grossi nomi e opportunità mirabolanti, l’ho inserito in un mio fumetto, una parodia della Divina Commedia, inferno dei surfisti, girone dei cacciaballe.
Forse offeso per quella vignetta, improvvisamente come era spuntato, Chico è sparito dalla mia vita. Non ho mai avuto la possibilità di scusarmi o spiegargli: a volte le sparava così grosse che era veramente difficile credergli.
Successivamente, ho potuto verificare che nei suoi racconti c’è sempre una base reale, anche se amplificata dalla grande energia e dall’entusiasmo che mette nelle cose.
Ho poi saputo da Luisa, la moglie, che si era separato, trasferito a Miami, risposato, aveva dei bambini, ed era diventato produttore cinematografico.
Con una vita così avventurosa, la sua travolgente simpatia e facilità di comunicare ed il suo modo di fare assolutamente disarmante (sorretto peraltro da una clamorosa faccia di bronzo) è del tutto plausibile che abbia potuto prendere contatti sempre più importanti per realizzare i progetti che aveva in mente, per i quali non si faceva spaventare da nessuna difficoltà: semplicemente non le considerava.
Così, quando nel ’97 ho sentito al TG1 Lilli Gruber annunciare che “il produttore italiano Enrico Forti vuole girare un film sul delitto Versace, ed ha acquistato per 50.000 dollari i diritti per utilizzare la casa galleggiante di Miami in cui si è suicidato il presunto assassino dello stilista…” non mi sono affatto stupito né della strada che aveva fatto, né della spregiudicatezza dell’operazione.
Le notizie successive le ho avute pochi mesi dopo dai giornali e sono state una vera doccia gelata: arrestato per un omicidio dai risvolti poco chiari, condannato all’ergastolo, recluso in una prigione della Florida in mezzo a paludi e alligatori. Una cosa incredibile, assurda, ma assolutamente in linea con il suo personaggio per quanto riguarda l’aspetto eclatante/avventuroso.
Non so come siano andati realmente i fatti, ma, conoscendolo, sono assolutamente convinto dell’innocenza di Chico.
L’omicidio è un’opzione troppo stupida per uno come lui, dotato di tali risorse naturali da potersela cavare in ogni circostanza senza neanche pensare di ricorrere alla violenza. E’ molto più probabile che in questa brutta storia sia stato incastrato da qualcuno: Chico è sempre stato pronto a dare retta a tutti, ad aiutare tutti, a fidarsi di tutti.
Un atteggiamento al limite della faciloneria, che è sempre stato il suo vero difetto. Inoltre, il suo modo disinvolto di trattare gli affari può aver dato fastidio a qualcuno, e certo non gli ha giovato la delicatezza da elefante con cui ha trattato la polizia di Miami riguardo al caso Versace.
Da un certo momento in poi, tutti gli hanno voltato le spalle. I giudici l’hanno condannato dopo un processo definito “incredibilmente sommario”  anche da molti legali americani, abituati alla spiccia giustizia della Florida.
Gli amici famosi e potenti, per nulla entusiasti di vedere il loro nome associato ad una vicenda così scabrosa, si sono elegantemente eclissati.
Da allora è passato molto tempo: del caso di Chico i media italiani si sono occupati a sprazzi, direi con sospetta discontinuità, quasi fosse un argomento poco gradito…
Nonostante ciò, alcune trasmissioni televisive hanno realizzato servizi interessanti e dettagliati, corredati da interviste di Chico in carcere. Vederli, per me è stato uno choc. L’ho visto invecchiato. L’ho visto piangere (lui che diceva sempre che un uomo non deve piangere mai). L’ho sentito parlare tra le lacrime dei suoi figli, che non vede da anni e che forse non potrà rivedere mai più per colpa della sommaria “giustizia” degli uomini, in realtà la più grossa ingiustizia che ci possa essere. Una prova tremenda, in grado di stroncare chiunque, soprattutto un innocente (e ripeto: ho la profonda convinzione che Chico lo sia).
Per consolarmi penso che se c’è un uomo al mondo che può cavarsela anche in una situazione così estrema, questo è proprio lui. E ne ha già dato prova: in una sua lettera racconta di come si sia guadagnato il rispetto degli altri detenuti battendo miracolosamente a braccio di ferro il classico negrone pieno di muscoli (presente in tutti i film americani di ambiente carcerario), che ora è diventato suo amico e gli permette persino di usare la palestra per tenersi in esercizio. Un racconto nel più puro stile-Chico.
Sicuramente, quando (o se) uscirà, potrà diventare miliardario con il libro delle sue avventure…

IL CURRICULUM SPORTIVO DI CHICO
Nato l’8 febbraio 1959 a Trento
Durante le scuole superiori pratica il baseball in serie nazionale.
1978    Si iscrive all’ISEF di Bologna.
1979    Iniziato al windsurf da Karl Heinz Stickl
1980    “Campionati Europei 2^ divisione”, Olanda 1° gara internazionale
1981    “Euro Funboard Cup”, Lago di Garda  1° italiano, 9° assoluto
1981    “Campionato Europeo Scirocco”  6°
1982 “Giro d’Italia” di Windsurf  4°
1982-1983 Insegnante funboard
1984 Assistente Team Manager Hi Fly per la World Cup
1985    “Australian Championship” di funboard 2°
1985    “World Cup 1985”, Giappone  25°
1985    “Lake Thaoe Crossing”, California  1°
1985    “Gorge Slalom Pro”, Oregon  semifinale
1985    “USA Slalom Cup Pro”, Oregon  1°
1985    “La Torche – esibizione free boarding dietro elicottero  1°
1986    “Australian World Speed Trials”, Perth 10°
1986-1987    Partecipa a tutte le prove di World Cup
1987    “Grand Prix of Mandurah”, Australia 1°
1991    “Campionato italiano Dart” (catamarani) 1°

E se ho dimenticato qualcosa scusatemi…

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3 replies


  1. Purtroppo la vicenda di Chico è una di quelle che paragonate ad altre fa gridare allo scandalo e non perché sia un surfista come noi….
    In America chi è stato condannato per un reato non può essere riprocessato per lo stesso….In concomitanza con la sua condanna probabilmente è andato a pestare i pedi alle persone sbagliate….Quello che c’è da dire e che noi come ITALIA ci facciamo sempre mettere i piedi in testa da tutti…
    Qualche esempio?
    La strage del Cermis dove un caccia americano ha tranciato i cavi della funivia causando diverse vittime…i militari? spariti nel nulla…
    L’uccisione di Calipari del SISDE in Iraq…gli americani rientrati alla veloce e mai più visti ne sentiti.
    Il delitto Meredith? Sappiamo come è andata a finire e sicuramente non tornerà più….qui almeno abbiamo tre gradi di giudizio…ma se al secondo risulta innocente non è che devi farla andare a casa se no fai la figura del pirla
    I marò….la faccenda puzza di ergastolo…se va bene
    Mi piacerebbe che Chico almeno avesse una seconda chance di difendersi ma non vedo molte speranze.
    Forza Chico


  2. è davvero una storia atroce, che seguo da anni.
    Forza Chico!

    ps: BRA1, hai ragione!


  3. “per fare fumetti è necessario documentarsi e conoscere a fondo l’argomento di cui si parla”
    ACCADE ANCHE PER I CASI GIUDIZIARI …

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